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Euterpe Euterpe


Versi in libertà

Euterpe significa colei che alletta, è una delle nove muse e presiedeva alla poesia lirica ed al canto. Inventò vari strumenti musicali quale il flauto.

 

Rudyard Kipling, noto scrittore britannico, nacque e visse a lungo in India. Considerato il profeta dell'imperialismo britannico, i suoi racconti, i versi ed i suoi romanzi esercitano ancora un enorme fascino sul lettore.

 

SE

Se puoi non perdere la testa quando tutti
vicino a te l'hanno perduta e dicono:"Ne hai colpa tu!"
Se puoi ancora creder in te stesso, quando più
nessuno crede in te, e tuttavia ti chiedi
se non abbiano ragione gli altri e torto tu.
Se puoi attendere con calma ciò che ti spetta
o se, perseguitato, non pagare
odio con odio, offesa con vendetta,
senza per questo abbandonarti al gusto
di stimarti santo tra i santi, e tra i giusti giusto.
Se puoi sognare, e tuttavia non perderti
senza tutto concedere al pensiero.
Se puoi fissare in volto trionfo e disonore,
senza per questo spalancare il cuore a nessuno dei due.
Se senza battere ciglio puoi il tuo vero
veder fatto senza menzogna sulle labbra
dell'insincero, e di colpo crollare quanto hai caro
per tosto ricomporlo con amaro coraggio.
Se in un solo colpo puoi rischiare
tutto quanto hai avuto dalla vita,
e perderlo, e poi ricominciare
senza pentirti della tua partita.
Se potrai richiamare il tuo coraggio
quando da un pezzo lo avrai dilapidato
e stare saldo quando sai che tu
altro non puoi più fare, se non dirti: "Su!"
Se puoi toccare il fango senza insozzarti
e dar la mano ai re senza esaltarti.
Se amico o nemico male potrà mai farti.
Se tutti gli uomini avrai cari ugualmente,
ma più degli altri nessuno.
Se nel balzo saprai d'un solo istante
superare l'istante che non perdona,
tua è allora la Terra, e tutto ciò che dona!

STRAVAGANZE DA CALENDARIO

Dall'anno di 445 giorni a quello che saltò 10 giorni

La settimana era anticamente poco usata quale elemento costitutivo del calendario e persino gli ebrei, che pure avevano quale giorno di festa il sabato, semplicemente sapevano della ricorrenza contando sette anonimi giorni!

Originariamente i romani avevano dieci mesi, nell’età repubblicana dodici ai quali era aggiunto, arbitrariamente, un tredicesimo (intercalare) di 22/23 giorni. Al tempo di Giulio Cesare il calendario utilizzato si ritrovò con circa tre mesi d’anticipo rispetto a quello solare ed al fine di ritornare alla normalità il conquistatore delle Gallie allungò la durata dell’anno, che poté così contare ben 445 giorni.

L’anno successivo Cesare permise a Sosigene, di fissare a 365 giorni e 6 ore la durata dell’anno: la sua durata effettiva è però di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi: Sosigene fu abile, ma il suo leggero errore, di 11 minuti primi e 14 secondi, portò a disfunzioni che si resero evidenti nel corso del XVI secolo.

Fu così che Gregorio XIII decise di far compiere al calendario un balzo in avanti di ben dieci giorni passando direttamente dal 4 al 15 ottobre del 1582; inoltre vi approntò modifiche tali che non vi occorrerà nessuna correzione, da allora, per duemila anni.

Gran parte del merito nella riforma del calendario gregoriano va a Luigi Giglio; esso fu adottato nel mondo cattolico, ma anche da tutti i Paesi protestanti.

ELEMENTARE WATSON

Quattro chiacchiere su Sherlock Holmes 

Dunque, Marit, come promesso, eccoti qualche informazione su Sherlock Holmes, detective numero uno di tutti i tempi. Innanzitutto appena un accenno al suo papà, il dottor Artur Conad Doyle. Vissuto tra il XIX e XX sec., lavorava all’interno del nosocomio di Edimburgo, la sua città natale, quando ebbe la (bella) fortuna di conoscere il dottor Joseph Bell, suo docente e un uomo dalle straordinarie qualità deduttive che gli permettevano, dai minimi dettagli, di comprendere le caratteristiche psichiche e fisiologiche dei suoi pazienti. Fu quell’uomo che, in futuro, gli avrebbe ispirato il personaggio letterario che avrebbe fatto la sua fortuna.

Tutto cominciò quando, aperto senza successo uno studio medico a Portsmouth, si mise a scrivere… Sì, perché i pazienti non abbondavano affatto e, mentre aspettava che arrivassero, tanto per ingannare il tempo, cominciò a scrivere romanzi polizieschi pubblicati su alcuni giornali.

Sai qual è il bello, Marit? Che Conan Doyle si accorse di avere più successo con la narrativa anziché come medico! Il primo racconto in cui il leggendario investigatore dalla notorietà ancora vivissima debutta è datato 1887, si tratta di “Uno Studio in Rosso”, ma questo è il titolo della versione italiana, quello originale è “A Study in Scarlet”: lo puntualizzo per agevolarti nella traduzione. Conan Doyle si adoperò nello scrivere anche altre cose; “Il Mondo Perduto” (“The Lost World”), per esempio, fu uno dei suoi lavori al quale si sarebbe ispirato il futuro mondo della cinematografia come col film “Jurassic Park”.

Il problema, però, Marit, fu che presto Conan Doyle si accorse di essere rimasto “imbrigliato” fra le reti del suo Holmes tanto da doverlo far resuscitare dopo averlo fatto cadere in un precipizio: l’epopea del personaggio sarebbe dovuta finire lì, ma dovette presto farlo tornare a nuova vita per la gioia dei suoi appassionati (oramai numerosissimi). Il suo nome rimarrà, dunque, legato per sempre a quello di Sherlock Homes, l’investigatore-consulente abitante al 221B Upper Baker Street, indirizzo di Londra al quale ancora oggi, ogni anno, si recano migliaia di turisti.

Il nostro detective, al contrario dei suoi predecessori (come Dupin e Lecoq tanto per citare i due più famosi), sarà un tipo che risolverà i casi propostigli in maniera pressoché empirica, direi scientifica, anzi: “Usando gli occhi, le orecchie, le mani, il cervello, l’intuizione e, soprattutto, la vostra capacità deduttiva”, proprio come spiegava il dottor Bell rivolgendosi ai suoi studenti affinché riuscissero a compiere uno studio tanto minuzioso quanto perfetto del paziente.

Vuoi sapere una curiosità? Il dottor Bell divenne perfino un ottimo critico letterario ed amico di Conan Doyle! Holmes probabilmente deve il suo nome a Oliver Wendell Holmes, un celebre ricercatore statunitense realmente esistito; accanto a lui, fin dall’inizio, trova spazio la figura di John Watson (suo fido assistente), medico rientrato dall’Afghanistan e ferito in seguito ad una campagna militare. Elementare, Marit! Hai capito, cosa intendo dire fra le righe? Semplice: Holmes rappresenta l’ideale al quale Conan Doyle si ispira, lui è quello che lo scrittore vorrebbe essere (abile come il suo docente, Bell), ma nella realtà si identifica molto di più nel medico Watson, destinato al ruolo che il critico Gianni Tizzoni definisce di “stupefatto assistente” e narratore delle imprese del vero eroe! Tant’è che il disegnatore Sidney Paget, incaricato di raffigurare i due, ritrasse l’assistente prendendo a modello l’autore!

Il favore del pubblico per Holmes e Watson non arriva col primo racconto, ma dal secondo in poi (“Il Segno Dei Quattro”), quando il lettore comincia ad appassionarsi alle loro avventure.

Il segreto del successo sta nel fatto che il lettore ama appassionarsi a racconti brevi e conclusi come quelli che vedono protagonisti i nostri eroi… un po’ come accade per la fiction televisiva dei nostri giorni.

E’ nel 1893 con “L’ultima Avventura” che l’investigatore precipita nelle cascate svizzere di Reichenbach avvinghiato a Moriarty, il genio del male e suo eterno nemico, ma come accennavo, l’eroe dalla pipa ricurva, dal berretto da cacciatore di daini, dalla mantellina a quadri, magro e allampanato è destinato a tornare in vita; lo fa otto anni dopo nel romanzo “Il Mastino dei Baskerville” e spiega come si è salvato dalle cascate svizzere nella successiva opera, “L’Avventura della Casa Vuota”. In realtà (delucida) non era mai caduto dalla rupe sulla quale Watson l’aveva visto l’ultima volta, era risalito dalla parte opposta per sfuggire ai suoi avversari lasciando il suo povero braccio destro all’oscuro della realtà.

Holmes è in grado di risolvere i casi più intricati grazie al proverbiale spirito di osservazione e deduttivo che accompagna ad una ferrea logica in una magnificazione dell’intelletto umano. E’ quello che oggi, in gergo giovanile, potremmo definire un portento, un “fenomeno” che avrebbero ammirato anche grandi personaggi come Roosvelt, Einstein oppure Eco, ispirato al detective londinese quando descrive Guglielmo da Baskerville nel celeberrimo capolavoro “Il Nome della Rosa” ed il cui nome è scelto non a caso.

Gran parte del suo tempo il detective, tossicodipendente e disprezzatore del gentil sesso, lo trascorre davanti al caminetto nella sua abitazione di Baker street oppure fra le viuzze scure della capitale britannica fra nebbie e carrozze sotto la fievole luce di lampioni a gas. Riesce a camuffarsi con una parrucca, una barba posticcia, cerca sempre di mettere in evidenza le sue straordinarie doti dando saggio di capacità logico-deduttive al di sopra della norma; ogni caso non è una semplice occasione lucrosa, è una sfida alla sua stessa intelligenza.

Devi sapere che ormai il nostro detective è divenuto una irrinunciabile fonte di ispirazione per chiunque aspiri a scrivere un giallo. Un po’ come è accaduto per il conte Dracula di Bram Stoker, Sherlock continuerà a sopravvivere alla morte del proprio autore e centinaia di romanzi e racconti narreranno ancora una volta le sue gesta anche facendolo incontrare con Churchill, Freud, Lupin, Rodolfo Valentino e perfino col già citato Dracula. Conan Doyle, grazie pure alle sue opere meno conosciute al grande pubblico, andrà a costituire l’anello di congiunzione fra Edgard Allan Poe e Stephen King.

Ti offro un’ultima curiosità: sembra che la famosa frase “Elementare Watson” sia stata citata da Sherlock Holmes, al contrario di quanto si immagini, una sola volta sotto la forma “E’ elementare Watson”! 

 

DETTI E PREDETTI

Essere al settimo cielo

Affermazione dalle origini lontane, occorre risalire all'antica astronomia per capirne il significato: essa supponeva l'esistenza di sette cieli, uno sopra l'altro intorno alla Terra, immobile. Il primo era quello della Luna, seguito da quelli di Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. Essere al settimo cielo significava, quindi, stare al punto di elevazione massimo. 


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